IL NUOTATORE 1:10 (piccola) scatola di montaggio

IL NUOTATORE 1:10 (piccola) scatola di montaggio

Emersioni dall’archivio di Studio Azzurro
Studio Azzurro in dialogo con Giuseppe Baresi, Aurelio Gravina e Andrea Pinotti
17 aprile 2024 – Fabbrica Design Week

All’ingresso dello spazio un filo di luce azzurra richiama la linea di neon tra acqua e aria «al limite dell’assenza di peso» che circondava l’intero spazio di Palazzo Fortuny nel 1984. Accanto, un solo televisore rievoca la dimensione materiale dei monitor a tubo catodico che componevano la «videoambientazione» nella sua edizione veneziana. Con questa sorta di “stacco” dall’opera originale, si ripropone l’unico monitor non sincronizzato dell’opera: quello dell’orologio, quell’unico elemento fortemente disorientante, estremamente mobile, quasi fosse stato gettato in acqua e subire tutte le onde dei passaggi del nuotatore, incapace di restituire un orario coerente, infestato da interferenze. Quell’elemento da cui in origine arrivava un audio in tedesco, mai più riutilizzato, con una voce giovane femminile che legge passaggi del libro di Heinrich Böll e una voce più lontana, severa, madrelingua, che corregge la pronuncia imprecisa. Questo frammento in scala 1:1, col suo linguaggio impazzito, accoglie il visitatore con l’aspetto di un oracolo vagamente totemico. Accanto, dalla tenda d’ingresso si intravede una luminosità che invita a entrare. Lo spazio è letteralmente immerso nella luce blu emanata dalla maquette della vasca con i 25 monitor in scala 1:10. Il modello replica fedelmente l’ambiente di Palazzo Fortuny realizzato nella Sala della gondola, in collaborazione con l’architetto Flavio Albanese. Due grandi tavoli semitrasparenti offrono invece alle mani e agli occhi dei visitatori una campionatura pressoché completa dei materiali cartacei emersi dall’archivio di Studio Azzurro: schizzi progettuali, appunti concettuali, bozze di comunicati stampa, Polaroid per assemblare uno storyboard, corrispondenza con Peter Gordon per la composizione musicale originale, fascicoli di progetto che rivelano la prima versione, ideata per il Gruppo Memphis con cui Studio Azzurro due anni prima aveva realizzato il suo primo “videoambiente”, Luci di inganni. Sulla parete opposta ai tavoli la maquette rilascia frasi e disegni sulla grande “lavagna nera” dello spazio in penombra. Dall’archivio video, infine, sono “venuti a galla” circa 90 minuti di registrazione di una delle dodici videocamere che, protette da vasche di vetro, erano state posizionate nella piscina “Il Cigno” (Sesto San Giovanni, MI) per poter riprendere il nuotatore che scivola lungo la corsia, mantenendo rigorosamente al centro dell’inquadratura il “pelo dell’acqua”. Ritrovata e recuperata, l’unica vasca superstite diventa supporto dal cui vetro lasciar emergere proprio quell’inquadratura fissa mezza sopra mezza sotto l’acqua, dentro la quale appare senza alcun controllo una collezione di scene spiazzanti che interrompono il dondolio ipnotico dell’acqua. Dalle riprese dei cento intermezzi monocanale che si incuneano nell’anello infinito della “nuotata bifacciale”, alle fasi di preparazione delle camere, alle fasi di gioco, fino a interferenze in bianco e nero con residui di precedenti riprese al Parco Sempione. Aperta la scatola di montaggio, abbiamo riassemblato questa storia, tra piccole dissacrazioni della filologia e molto divertimento per il valore storico, ma anche feticistico di alcuni dei suoi frammenti.
Videodocumentazione

Progetto a cura di Studio Azzurro Ricerca – STRIAZ
con Chiara Borgonovo, Erica Gariboldi, Michele Guglielmi, Maria Tiberi, Arcangela Varlotta

In collaborazione con Connecting Cultures